martedì 27 settembre 2011

O-P-I-D-E, ovvero: figlio mio ti rompo la testa - Killer Joe + Himizu

Introduzione
Dopo lunga latitanza, si torna a scrivere dei due film che sono riuscito a vedere della rassegna milanese dedicata ai Leoni di Venezia.
N.B. Questo post contiene qualche spoiler, ma più che altro farina grossa del mio sacco.

Premesse
1) Io so che nella vita ci sono segni (e sogni) che indicano, propongono scelte connesse con quello che siamo, per collegamenti evidenti, piuttosto che nascosti sullo sfondo. A volte irrazionali, insensati, ma ci sono sempre percorsi e tracce che accolgono chi cerca, chi leggere sa.
2) Io viaggio, e non da poco e non senza Degne Guide, nei fantastici territori del Sé.
3) Io non leggo prima le trame dei film che scelgo di vedere.
4) Io ho scelto di vedere Himizu semplicemente perché volevo conoscere Sion Sono, regista giapponese "cult" e mi sembrava bello cominciare dalla sala piuttosto che dal triste divx; e ho scelto Killer Joe perchè lunedì sera potevo uscire, mi piacciono i noir e perchè critica e pubblico condividevano l'entusiasmo per il film di William Friedkin, l'autore del leggendario L'esorcista.



Il fatto
Esposte le premesse, trovarsi a vedere due film nell'ambito di una rassegna che raccontano di genitori desiderosi di uccidere i propri figli, stavolta, checchè ne dicano le Degne Guide di cui sopra, è evento esclusivamente! frutto del caso.
O almeno. Lo è per quanto riguarda me stricto sensu, non lo è se nella concezione di me ci metto ciò che gira attorno a me, e come la Luna il Mare, mi coinvolge, mi attornia e mi ri-guarda.
Ecco quindi la mia contorta ma grossolana riflessione, frutto del -presunto- caso di aver visto due film così.

La tesi
Nel Terzo Millennio Edipo viaggia in senso contrario: i genitori non vogliono crescere. Ma per restare adolescenti -e giocare senza fine al consumatore insoddisfatto- i figli che crescono sono un ostacolo.


Himizu 
Il padre alcolista ha abbandonato il figlio, ma periodicamente lo deruba e gli ricorda che: "Dovevi morire da piccolo nell'incidente. Avremmo preso i soldi dell'assicurazione. Dovevi morire." E poi giù calci, pugni.

Killer Joe
"Ammazzalo Joe, ammazza questo bastardo!" dice il padre a Joe mentre quest'ultimo infierisce su suo figlio. Joe è un killer assoldato da padre e figlio all'inizio della storia per uccidere la madre/ex-moglie.

Ecco tutto
Questi due film, il primo sicuramente più interessante per approccio e talento dell'autore, il secondo notevole nel crescendo verso la spettacolare scena finale, raccontano di famiglie nelle quali i genitori sono, più o meno apertamente, disposti a tutto pur di tirare a campare un po' meno peggio del solito. Parliamo di proletariato e, nella fattispecie, di "casi sociali" di abbandono di minori, i quali, però, sembrano essere i meno spaesati nei confronti della vita, forse perché gli adolescenti così rappresentati sono venuti su senza speranze, più allenati delle generazioni precedenti a confrontarsi con il disfacimento della Grande Illusione del Ce n'è per tutti.


Killer Joe è senza dubbio meno ricco e complesso del film giapponese qui accostato. Il lavoro di sceneggiatura e regia mira più che altro ad approfondire la figura di Killer Joe -forse un po' di genere, ma ben fatta- e soprattutto di Dottie, la giovane affittata (senza virgolette) a Joe quale pegno del pagamento per il matricidio. Del resto si parte da un testo teatrale, e la pellicola di Friedkin è, in fin dei conti, la "solita storia" di poveracci indebitati in cerca di respiro (il bisogno manifesto è il denaro, ma certo è altro ciò di cui questa famiglia necessiterebbe per uscire dalla palude umana in cui sopravvive) mirare al di sopra delle proprie possibilità per poi, una volta fregati, scaricare nel peggiore dei modi possibili i propri compagni di sventura, che siano figli o mogli non importa.

Si esagera, si ride e si scandalizza; soprattutto si riesce a eccitare disgustando, cogliendo in pieno il nesso tra dominazione, violenza e piacere. Questo, però, è il limite entro cui si esaurisce ciò che il film muove.


Himizu, tratto da un manga, è invece un film stratificato e sofisticato, per storia e per fattura, per quanto globalmente lo si possa classificare come un dramma caratterizzato da montaggio e ritmi serrati (eccetto nell'ultima parte in cui diventa un quasi melò), azione, e una buona dose di violenza. Forse è proprio questo "sdoppiamento" a renderlo così interessante.

Si parla della nazione Giappone, del disastro di Fukushima, e tutto ciò entra nella storia "da davanti", cioè attraverso personaggi, dialoghi e azioni reali, e "da dentro", in bellissime sequenze oniriche girate nei luoghi devastati dal terremoto e dallo tsunami. In particolare, la "vera" famiglia di Sumida, l'adolescente protagonista del film, è formata dal variegato gruppo di senzatetto di Fukushima che il giovane ospita nel terreno prospiciente la sua attività (un fatiscente noleggio barche sulla riva di un fiume).


Si parla anche di amore, adolescenziale, disperato, folle; e assoluto è, nella sua esuberante poesia, il personaggio di Chazawa, la compagna di classe innamorata persa del protagonista. Anche Chazawa è perseguitata da genitori assenti (un ossimoro?), anche se a differenza di Sumida, la sua è una famiglia benestante. Mamma vuole i soldi per giocare a pachinko e, stanca delle resistenze della figlia, ha installato con papà una scintillante forca rossa in salotto, sembra faccia parte della gadgettistica di Hello Kitty, e forse è davvero così. Chazawa deve morire per consentire ai suoi genitori una vita più tranquilla.


Sumida lotta disperato contro le sopraffazioni del padre e le conseguenze della sua irresponsabilità, tra cui un pesante debito contratto con la mafia. Potrebbe contare sulla gratitudine dei suoi ospiti sfollati e, soprattutto, sull'onnipresente e iperattiva Chazawa, ma il ragazzo vorrebbe solo starsene tranquillo, vivere un'esistenza normale per la sua età (come lo capisco). Purtroppo per lui finisce sempre in vacca: solo indifferenza (anche materna) e botte che lo portano a reagire male distruggendo anche quel poco di normale che la vita gli dà.

Allo stremo e ormai rassegnato al peggio, Sumida, dopo una sorta di suicidio e rinascita rituale, si dipinge il volto e vaga armato di coltello per le strade, cercando di espiare e sfogare la propria rabbia aggredendo i "cattivi"...Ma senza poter fare a meno di notare quanto essi siano simili a lui, in quanto a dolore e smarrimento.


Come nelle fiabe, è solo l'orco cattivo (un terribile capo yakuza) ad avere la facoltà di impartire al giovane protagonista non solo una lezione, ma una vera impronta di paternità, di guida maschile. Da questo punto in avanti Sumida rimette insieme qualche pezzo con tenacia e comincia con l'accettare la presenza di Chazawa, lasciandosi amare. Ma, come già accennato, in questa ultima parte Himizu scivola nel melodramma, un cambio di registro che stride, fuori luogo, non troppo fluido né motivato. Questi, per sommi capi, i punti caldi del film di Sion Sono. Impossibile in questa sede riportare le molte altre facce di una trama solo apparentemente lineare, con notevoli sconfinamenti fra registri e scenari.

Per concludere con un'immagine che riporta agli aspetti comuni ai due film, spenderei due parole sulle botte. Colpi e tumefazioni ricacciano dentro, è un'implosione che provoca lividi e tumefazioni. Niente lame, come quella con cui Sumida vorrebbe tagliare, recidere, permettendo al sangue di fluire, purificante. Queste giovani vittime non hanno nemmeno il privilegio di un taglio: solo pugni e bastonate. Un orizzonte diverso, un altro tipo di energia, violentemente pastorale.



4 commenti:

  1. Bel pezzo che stimola.
    La quaterna di premesse mi ha fatto e sta facendo pensare.
    Himizu sarà mio appena possibile.

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  2. La curiosità :)
    Tra l'altro colgo solo ora la finezza del titolo "opide", roba di classe!

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  3. mi hai fatto salire le aspettative a mille!
    immaginavo che Himizu fosse un bel film, ma mi viene la sensazione che forse- sia per le tematiche che per l'ambientazione- ci troveremo di fronte a un altro, ottimo lavoro.
    Friedkin è uno dei grandi vecchi del cinema, non mi ha mai deluso davvero, anzi. le cose che scrivi su Killer Joe, inutile dirlo, mi incuriosiscono parecchio, e mi aspetto un buon lavoro anche qui.
    mi sto letteralmente mangiando le mani per essermi perso una rassegna simile che hanno fatto anche qui da me! :D

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