Cronenberg, Miike, Von Trier, Kaurismaki, Kim Ki-Duk, Malick.
Follia, file e folla in sala parto. la gente sgomita e s'agita per vedere.
Ebbene sì, questi signori hanno partorito (si noti: tutti uomini!) e noialtri stiamo finalmente per conoscere le loro creature, in sala o nei festival (Cannes e Venezia).
Abbiamo la quasi certezza di incontrare splendidi bambini.
Cominciamo con Cannes.
Oltre ai lavori di Moretti e Sorrentino di cui qui non parleremo (perchè? perchè lo si fa già troppo), in Francia arriverà il nuovo film di Aki Kaurismaki (la storia di un lustrascarpe che fa amicizia con un bambino clandestino africano, non siamo in Finlandia -sic!- ma in Francia, più precisamente a Le Havre, che pure è il titolo del film).
Basta una foto di un film di Aki per provare gioia e soddisfazione. La composizione dell'inquadratura, le luci e i colori, la presenza scenica, le scenografie...Ed è solo la punta di diamante del cinema dell'autore finlandese, artista e uomo di notevole spessore, gli ultimi sempre al centro e nel cuore. Indubbiamente uno dei miei fari.
Da segnalare poi il gran colpo dell'instancabile e sbarellato Takashi Miike che porta in Costa Azzurra il rifacimento del film del 1962 Harakiri di Masaki Kobayashi. In 3D. Ci sarà di che divertirsi!
Restando in Estremo Oriente, è pronto anche il film di Kim Ki-Duk, su cui non sono riuscito a trovare molte informazioni. Il titolo però è Arirang. Buono a sapersi e speriamo di tornare ai livelli stilistici e di pathos di Ferro 3, uno dei miei film preferiti in assoluto (e anche del Mereghè).
Ma ancora mancano due pezzi da novanta. Il primo: una cara, vecchia e sghignazzante conoscenza, Lars Von Trier, con il nuovo film Melancholia. Un'opera, a detta dell'autore stesso, di genere romantico-fantascientifico: un binomio così, nelle mani di Lars, mi fa sentire felicemente sulle spine. Il nucleo della trama riguarda due sorelle che dovranno avere a che fare, niente poco di meno che, con la fine del mondo. Dio! Ecco il trailer:
Il secondo, a chiudere con Cannes, è il film che forse mi incuriosisce di più, anche per la storia: Tree of life, di Terrence Malick (non ce ne sarà bisogno, ma ricordiamo che questo signore è l'autore di un capolavoro, a mio parere il migliore film di guerra mai girato, ovvero La sottile linea rossa). Tree of life racconta la crescita di un bambino che si misura con le aspettative e le visioni del mondo opposte di mamma e papà, e con la malattia. Conoscendo il soggetto, questo potrebbe essere un altro film da non perdere per nulla al mondo.
In ultimo i titoli che in assoluto aspetto di più, cioè i prossimi due film di David Cronenberg: A Dangerous Method (che si presume vederemo a Venezia) e Cosmopolis.
Del primo sappiamo già molto:
"Alla vigilia della prima guerra mondiale, Zurigo e Vienna sono lo scenario di un racconto oscuro sulla scoperta sessuale ed intellettuale. Tratto da fatti realmente accaduti, il film è incentrato sul turbolento rapporto tra il giovane psichiatra Carl Gustav Jung (Fassbender), il suo mentore Sigmund Freud (Mortensen) e Sabina Spielrein (Knightley), la giovane donna bella e tormentata che si frappone tra loro. Nella mischia si aggiunge Otto Gross (Cassel), un paziente dissoluto che è determinato a spingere i confini.
In questa esplorazione della sensualità, dell'ambizione e dell'inganno si creano le premesse per il momento cruciale in cui Jung, Freud e Sabina si incontrano e si dividono, cambiando per sempre il volto del pensiero moderno." [grassetti miei, più fonti dal web].
Insomma, c'è trippa per gatti.
Personalmente ho un rapporto intenso e proficuo con la psicoanalisi, sia freudiana che junghiana. Direi che se il primo ha fornito delle basi eccezionalmente lucide e solide per il viaggio nella psiche moderna, il secondo le ha relativizzate e aperte al mondo, senza smarrirne il senso e la straordinaria portata (sto per accingermi ad aprire il capitolo Jung e alchimia, tra l'altro).
Per quanto riguarda gli attori, non so se sono più felice di vedere Viggo interpretare Freud o più dispiaciuto per colui il quale avrebbe dovuto, in origine, indossarne i panni, cioè il "mitico" Cristopher Waltz (il gerarca nazista scova-ebrei dell'incantevole Bastardi senza gloria).
Ecco infine una foto che ha qualcosa da dire sulle somiglianze...
Dell'altro film di Cronenberg, Cosmopolis, sappiamo molto meno, però se si ha letto il romanzo omonimo di Don DeLillo non si può non immaginare con grandi aspettative la messa in scena del regista canadese dello stralunato, antieroico viaggio in auto del giovane miliardario Eric che vuole tagliarsi ad ogni costo i capelli dall'altro lato di Manhattan. La trama è contenuta per intero dalla limousine che va e incontra ogni genere di ostacolo e dal suo passeggero, che si lascia andare in tetre e glaciali considerazioni sulla finanza, gli uomini, il mondo. La scrittura è quella, intensa, spumosa, spettacolare, di DeLillo.
Riporto una recensione del libro, anonima, uscita sull'Economist anni fa. E' un po' lunga per il mio blog, ma da leggere fino in fondo, ne vale la pena!
"Che cosa prendere per un miliardario che ha tutto? Eric Packer, il repellente antieroe del tredicesimo romanzo di Don DeLillo, è un tipo a cui è ben difficile trovare da regalare qualcosa. Tutto ciò che sta sotto la soglia del faraonico sembra inadeguato e sgradito a questo ventottenne padrone dell'universo, il cui giocattolo prediletto è un bombardiere nucleare in disarmo. Eppure una mattina, mentre sta per recarsi al lavoro, Eric trova davvero qualcosa di cui ha bisogno e che ancora non ha: un taglio di capelli.
Cosmopolis racconta la storia di quanto accade a Eric mentre sta andando dal parrucchiere. Dalla Quarantesettisima a Manhattan attraverso la città, per tutto il giorno - con la complicazione e la confusione della presenza in città del presidente Usa. Gran parte dell'azione ha per location l'interno della limousine in cui, accerchiato da schermi di computer, Eric gioca sul mercato azionario, all'intermittente presenza di vari guru con cui discute del suo benessere finanziario, fisico e intellettuale. Tra un meeting e l'altro, scende dalla lussuosa automobile per sciogliere le gambe, mangiare, fare sesso, entrare in una libreria, assistere a una sommossa violenta, piangere al passaggio di un corteo funebre, partecipare a un rave, commettere un omicidio e fare da comparsa nelle riprese di un film.
L'incedere della limousine è glaciale. Ma il romanzo, sotto la guida di DeLillo, zooma in avanti, sollevando nubi di polvere stilistica e retorica.
Cosmopolis trabocca di ruminazioni verbose sull'intreccio di legami tra tecnologia e capitalismo. C'è un punto in cui Eric lirizza assai poco profondo: "Era banale riflettere sul fatto che numeri e tabelle fossero la compressione gelida di energie umane prive di regole, sogni assoluti e sudore notturno ridotti a lucide unità nel mercato finanziario". E poi: "In effetti i dati, in sé, emettevano una concentrazione spirituale e irradiavano scintillii luminosi, un aspetto dinamico del processo vitale. Era questa l'eloquenza degli alfabeti e dei sistemi numerici, ora pienamente realizzata in forme elettroniche, nella riduzione del mondo alla binarietà di 0 e 1, l'imperativo digitale che definiva ogni respiro dei billioni di esseri viventi sul pianeta".
E' il pavoneggiamento stilistico di DeLillo, piuttosto che la sua posizione sul capitalismo, che rende Cosmopolis una lettura tanto avvincente. I godimenti e i perigli del farsi tagliare i capelli non venivano descritti in modo tanto brillante da quando Franck Churchill fece quel viaggio straordinario a Londra per sistemare le sue coltri in Emma della Austen."
Qui sopra uno dei primi teaser poster del film.
A concluder: ne abbiamo davvero molte, di ottime aspettative. Fossero soddisfatte solo la metà, saremmo già molto, ma molto contenti. Vedere per credere!
Opera sulla fede, la vita e il suo martirio, Uomini di Dio ripercorre con ritmo e rigore le ultime settimane di vita dei sette monaci trappisti rapiti e poi uccisi dagli integralisti nel 1996. La cornice è quella, incantevole, delle montagne algerine di Tibhrine, nel cui alveo si anima la semplice esistenza dei frati di Nostra Signora dell'Atlante, basata sull'agricoltura, la preghiera, il servizio ai poveri, e indissolubilmente intrecciata alla comunità dei "fratelli e delle sorelle musulmani". Una testimonianza sobria ma potente degli effetti che il rapimento "mistico e sensuale" operato dalla bellezza dell'incontro e della cultura può generare nell'uomo di cuore.
“So il disprezzo con il quale si è arrivati a circondare gli algerini globalmente presi. So anche le caricature dell’islam che un certo islamismo incoraggia. È troppo facile mettersi a posto la coscienza identificando questa via religiosa con gli integralismi dei suoi estremisti. L’Algeria e l’islam, per me, sono un’altra cosa: sono un corpo e un’anima”.
Frasi come questa, e facce come questa
parlano da sole della "apertura non avente per principio l’evangelizzazione" (Manuel Billi, Spietati.it)ma che nell'abbandono a Dio trae le fondamenta. Il film ha avuto un grande e inaspettato successo in Francia (anche grazie alla vittoria del Gran Premio della Giuria, a Cannes), dove ha superato i film di Angelina Jolie e compagnia bella.
Superfluo dire altro, ma molto interessante, mi sembra, proporre in merito la lettura di uno scritto di Enzo Bianchi, il priore del monastero ecumenico di Bose, luogo e persona che meritano a mio avviso grande attenzione.
Voto SEL perchè è un partito di sinistra che ha fatto i conti con le ideologie, con una politica chiara di cambiamento profondo, dove serve partigiana, ambientalista, ecologista, interculturale, a fianco dei lavoratori (e non degli interessi dei pochi) e delle persone, nelle loro diversità, tra moderati e radicali, per la legalità e l'uguaglianza (di fronte alla legge, e nei confronti dell'economia sociale):
Voto SEL anche perchè Vendola è persona onesta (appurato) e capace, oltre che, finalmente, ci fa un po' sognare con la sua eloquenza e i suoi progetti.
A MILANO voto Emilio Daniele, soprannominato IL FACE (Faccia...e non chiedetegli come mai ;-)) perchè, anche lui, persona onesta, capace, attenta, impegnata da sempre con e per più deboli, nella cultura, nel lavoro, in modo costruttivo. Al di là, molto al di là, del marchio "Leoncavallo", di cui peraltro non c'è niente di cui vergognarsi, anzi.
Lo conosco personalmente e potete fidarvi (se vi fidate di me!!).
Soprattutto chi fra voi non sa SE voterà, questa volta fate uno sforzo e andateci, perchè siamo vicini a cambiare finalmente vento, con Giuliano Pisapia a Milano e con Nichi Vendola nel Paese.
Per inaugurare la mia nuova, cattiva rubrica dedicata al peggio del cinema secondo me, il primo pensiero è a un capolavoro di retorica e pedanteria.
Con la scusa di raccontare un Paese, Giordana confeziona una specie di Harmony dagli infiniti slanci moralistici e autocommiseratori. Le persone, le storie, le famiglie, sono ridotti a sorta di Bignamino consequenziale, macchinoso compendio monocromatico di una realtà che è invece sfumata, diversa e soprattutto molto più sottile e interessante.
Dopo sei ore di visione liturgico-letargica, La meglio gioventù riuscirebbe a scoglionare (o far ridere, a seconda dell'umore) anche il più affezionato fan di melodrammi indiani, grazie alla sequela di luoghi comuni, confezionati quali simboli di verità storiche e infilati, come insulse, pallide perline, nel filo della paranoia borghese a cui può succedere, e succede, di tutto e di più.
Una sceneggiatura in cui il concetto di forzatura è puro eufemismo. Il testo ha un che di clamoroso, c'è proprio tutto: la pazza che suona il piano, la terrorista salvata dal marito premuroso, il viaggio nel Nord Europa in autostop, con annesso flirt con norvegese emancipata, un fratello basagliano e l'altro sbirro della peggior risma, il '68 inchiodato nei suoi peggiori stereotipi, Capaci, l'alluvione di Firenze, Tangentopoli, la Banca d'Italia, il cancro, tutte le eroiche virtù condensate nel noiosissimo Lo Cascio (merito non solo del personaggio che interpreta, ma anche dell'attore), e via così...
Provare per credere.
La parte migliore, però, va alle recensioni che si è guadagnato questo prodotto per la televisione ahimè approdato al cinema -e che ha vinto pure il premio Un certain regard a Cannes 2003 (il classico film "furbo", direbbe il Critico).
Ecco alcune perle:
"Resta impresso il flusso narrativo di magmatica complessità psicologica, di intenso afflato sentimentale, di circostanziata storicità socio-politica"
"Marco Tullio Giordana, come innamorato dei propri personaggi e di questa (sua stessa) storia, mette in scena tanti piccoli eroi borghesi che non si tirano indietro di fronte ai drammi che hanno attraversato il Paese: l’emergenza terrorismo, l’emergenza mafia, la fiducia nell’educare le generazioni future a non piombare in stati d’assedio privati e collettivi. In un’Italia in cui la gente legge libri, rispetta l’ambiente, lotta per le proprie passioni, in una trama che unisce un’ideale geografia umana e topografica del nostro Paese. Il contrario, insomma, di quello che siamo quotidianamente abituati a vedere, soprattutto nelle nostre (auto)rappresentazioni televisive."
Lo dicevo, non manca niente. Pure (proprio) Pasolini per il titolo.
Spero di aver scritto un commento parimenti saccente e presuntuoso.
A Mereghè: artro che Lars Von Trier, queste so' le vere fregature!!!
Da quando Super Mario Bros ha cambiato gli orizzonti del videogiocare, mondi straordinari chiamano e ammaliano il giocatore.
Sono cresciuto con Spectrum e Amiga, ho conosciuto e amato i videogiochi arcade e i classiconi, come Arkanoid, Bubble Booble, e via dicendo. Imberbe, ho trascorso lunghi pomeriggi in pessimi bar a giocare a Street Fighter e altre amenità. Ma non ho mai avuto una consolle con cui drogarmi (grazie mamma) e così ho "scoperto" il mondo dei videogame contemporaneo con un po' di ritardo, "da grande". Mi è stata infatti regalata una PS2 solo tre anni fa cioè quando, ormai, era quasi fuori mercato (almeno quello ufficiale, compulsivo e spendaccione del nuovo).
Il primo gioco che ho provato è stato l'ultimo Final Fantasy. Un gioco di ruolo capolavoro di grafica e giocabilità (per la croncaca, ho giocato per anni a D&D, Cyberpunk e compagnia bella, questi sì giochi senza rischi educativi, anzi, dovrebbero essere obbligatori a scuola) che mi ha subito fatto capire che avevo l'opportunità di buttare giù un altro pregiudizio della mia parte intellettuale bolsa e rompicazzo e di godere di una forma d'arte fino ad allora sconosciuta.
La folgorazione ha riguardato il livello di eccellenza raggiunto dalle storie e dalle idee, da grafica, sceneggiatura, giocabilità, personaggi, complessità (o in altri casi immediatezza e semplicità), divertimento. Un'eccellenza frutto di qualche decennio di storia e del fecondo incontro con il cinema e i suoi linguaggi.
Parlino i fatti.
Straordinario, vero? E io che non ci ho ancora giocato!
Come al solito, sono un po' indietro, ma questo non significa che non mi diverta così