Rivisto, e per la prima volta in sala, uno dei miei film preferiti di Kaurismaki, e direi pure in assoluto. Tatjana è un road movie tipicamente finnico e tipicamente kaurismakiano. Un giorno che potremmo dire a caso, ma anche del cazzo, due amici rocchettari di un piccolo centro partono verso sud. Motivi? E' finito il caffè, la macchina riparata va collaudata, la Lapponia è una merda. Crogiuolo di non-sense comici ed eleganti, di estemporaneità e ostica dolcezza e di, soprattutto, vodka, caffè e fumo (probabilmente è il film con la più alta concentrazione pro-capite di tali elementi), Tatjana è un viaggio senza meta, senza passato, senza futuro e forse pure senza senso (almeno fino all'epilogo). Una narrazione del presente, in cui il dramma è espresso in massima parte dalle espressioni pazzesche di Pellonpaa, dai silenzi caffeinici del suo compagno di viaggio e dal -solito, superbo e calibrato- manierismo bianco e nero del maestro finlandese. La solitudine e il vuoto si fermano lì, però, perchè ad arginarle c'è la vitalità, fine a se stessa, rasoterra e ingenua, certo, ma per questo forse più pura: come la musica, rigorosamente rock (il famoso tango finlandese, stupendo e agghiacciante al tempo stesso, di sicuro non canta rabbia ed energia; piuttosto, concentra lacrime e nostalgia), la strada, e l'amore di una vita intera di chi, letteralmente, non ha nulla da insegnare e nulla da perdere. Fiabesco.
martedì 27 dicembre 2011
Io amo Tatjana
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giovedì 22 dicembre 2011
Il debutto di David Lynch
E voilà, il primo album della Lince.
Lynchiano, decisamente!
Quello linkato qui sopra è il video che ha vinto il concorso indetto dal regista/compositore per accompagnare uno dei brani di punta dell'album, Good Day Today.
Il brano è già stato remixato dagli Underworld, con un bell'esito!
Ecco poi Crazy Clown Time, il pezzo che dà il titolo all'album
E infine, il pezzo che a me piace di più, da ascoltare, camminando a naso in su per la città (qui lo straripante e bellissimo testo)
Nel complesso un ottimo esordio (come album completo, perché come collaborazioni e, in generale, interesse nella produzione musicale, siamo tutt'altro che all'inizio), che risuona bene come accompagnamento a questa fase solstiziale della Ruota che gira...
giovedì 15 dicembre 2011
Se il peggio peggiora
Lettera aperta al direttore di un giornale locale che spesso pubblica segnalazioni di eventi e iniziative della locale sede dei pagl... fascisti del terzo millennio, CPI.
Gentile Direttore,
le scrivo da lettore abbastanza assiduo del suo giornale [...] che apprezzo per lo sguardo sulla provincia e sui temi vicini alla vita del territorio e delle sue genti. Una vicinanza che non è provincialismo, come ben dimostrano per esempio gli inserti, che ritengo davvero ben fatti, dai contenuti culturali molto curati e approfonditi. [...]
Da qualche tempo, però, c'è un elemento che disturba me (e i miei famigliari, con cui spesso si legge il giornale), ovvero la presenza costante di comunicazioni di eventi e iniziative da parte dell'organizzazione post/neo fascista Casa Pound [...]
In tutta franchezza non credo che gruppi che coltivano una visione del mondo e una cultura d'odio del diverso e dell'intolleranza, che fanno propri gli abietti riferimenti storici e culturali della storia più guerrafondaia, colonialista, persecutoria, violenta, censoria, revisionista del nostro Paese, anche se portano una maschera "giovane", "sociale" e ripulita (fatti non nuovi, del resto, nella tradizione dei movimenti di estrema destra fascista), debbano avere visibilità e quindi legittimità. Anche se fanno pretestuose, perchè totalmente stridenti con la loro cultura politico-ideologica, raccolte fondi per i bambini del Kosovo.
Non voglio insegnare niente a nessuno, in merito a giornalismo, mi permetto solo di dirle che la trovo una nota stonata nel suo giornale [...]
Sebbene sia un po' di tempo che avvertiamo questo disagio, mi sono deciso a scriverle dopo questi recenti e tragici fatti che hanno visto un iscritto i cui testi erano accolti negli spazi ideologici di CP (anche se hanno appena ripulito il loro sito da qualsivoglia contributo di questo assassino) compiere gesti efferati: pur tenendo ben distinti responsabilità e disagi del singolo da quelli del movimento politico a cui fa riferimento, credo che questi eventi siano paragonabili, per percorso ed esito estremo della cultura e del percorso umano di questi soggetti, trascurati anche dalla politica di partito e parlamento, alla lucida follia paranoica del killer Breivik. E allora credo si debba prendere una posizione chiara, per evitare che il peggio....peggiori, che la miseria e l'ingiustizia si trasformino sempre più in violenza sui più deboli, paranoie securitarie, incultura.
Su questo tema, delicato e complesso perchè include i principi della libertà di stampa e di idea, verso cui ho il massimo rispetto, le sarei grato se trovasse il tempo e il mondo di farci sapere la sua opinione in qualità di direttore.
Sempre Partigiani
Gentile Direttore,
le scrivo da lettore abbastanza assiduo del suo giornale [...] che apprezzo per lo sguardo sulla provincia e sui temi vicini alla vita del territorio e delle sue genti. Una vicinanza che non è provincialismo, come ben dimostrano per esempio gli inserti, che ritengo davvero ben fatti, dai contenuti culturali molto curati e approfonditi. [...]
Da qualche tempo, però, c'è un elemento che disturba me (e i miei famigliari, con cui spesso si legge il giornale), ovvero la presenza costante di comunicazioni di eventi e iniziative da parte dell'organizzazione post/neo fascista Casa Pound [...]
In tutta franchezza non credo che gruppi che coltivano una visione del mondo e una cultura d'odio del diverso e dell'intolleranza, che fanno propri gli abietti riferimenti storici e culturali della storia più guerrafondaia, colonialista, persecutoria, violenta, censoria, revisionista del nostro Paese, anche se portano una maschera "giovane", "sociale" e ripulita (fatti non nuovi, del resto, nella tradizione dei movimenti di estrema destra fascista), debbano avere visibilità e quindi legittimità. Anche se fanno pretestuose, perchè totalmente stridenti con la loro cultura politico-ideologica, raccolte fondi per i bambini del Kosovo.
Non voglio insegnare niente a nessuno, in merito a giornalismo, mi permetto solo di dirle che la trovo una nota stonata nel suo giornale [...]
Sebbene sia un po' di tempo che avvertiamo questo disagio, mi sono deciso a scriverle dopo questi recenti e tragici fatti che hanno visto un iscritto i cui testi erano accolti negli spazi ideologici di CP (anche se hanno appena ripulito il loro sito da qualsivoglia contributo di questo assassino) compiere gesti efferati: pur tenendo ben distinti responsabilità e disagi del singolo da quelli del movimento politico a cui fa riferimento, credo che questi eventi siano paragonabili, per percorso ed esito estremo della cultura e del percorso umano di questi soggetti, trascurati anche dalla politica di partito e parlamento, alla lucida follia paranoica del killer Breivik. E allora credo si debba prendere una posizione chiara, per evitare che il peggio....peggiori, che la miseria e l'ingiustizia si trasformino sempre più in violenza sui più deboli, paranoie securitarie, incultura.
Su questo tema, delicato e complesso perchè include i principi della libertà di stampa e di idea, verso cui ho il massimo rispetto, le sarei grato se trovasse il tempo e il mondo di farci sapere la sua opinione in qualità di direttore.
Insomma...
OCCORRE PRENDERE POSIZIONE!
Qualche link utile, interessante e sbeffeggiante (e un caloroso saluto a Osservatorio Democratico)
Sempre Partigiani
lunedì 12 dicembre 2011
Anne gira
Gira Mauro, gira Steve
gira Betta, gira Gi.
Giran le Strie, gira il Gatto
E' un bel mondo
Tutto matto!
Anne Teresa de Keersmaeker danza Steve Reich, nel Bosco.
Capolavoro di Natura e Arte.
Dai link laterali di questo blog (tesori tutti da scoprire...'Zzo fate ancora qui?!?)
lunedì 28 novembre 2011
Miracolo a Le Havre
Il mio regista vivente preferito non sbaglia un colpo. Nemmeno quando, forzando un po' la mano all'impronta estetica più completa e interessante del cinema contemporaneo, vuole assumersi esplicitamente un impegno civile e politico. Non che nei suoi film precedenti ciò sia assente in assoluto, al contrario; Kaurismaki mette in scena praticamente solo storie di Ultimi, di perdenti che subiscono ogni genere di sfiga e di ingiustizia, ma con dignità e purezza. Il tutto è condito da un sarcasmo essenziale, esistenziale, surreale e del tutto fraterno: "Sono un ubriacone anch'io!"
In Miracolo a Le Havre il dramma dei migranti è l'oggetto dello scandalo e l'accoglienza di un quartiere proletario di Le Havre nel quale, solitamente, i miracoli non avvengono, come ricorda la moglie del protagonista al dottore che le ha diagnosticato un cancro, la risposta. La signora in questione ha il nome dell'attrice protagonista de Il porto delle nebbie, film di Carnè del '38 ambientato nella stessa cittadina normanna, Arletty, ed è interpretata dalla adorata Kati Outinen. Suo marito Marcel Marx, il protagonista, è lo stesso personaggio impersonato dallo stesso attore -Andrè Wilms- di Vita da bohème: oggi fa il lustrascarpe, è sempre pieno di toppe e debiti. Si troverà a proteggere un poco più che bambino migrante con l'aiuto, spontaneo ma straordinario, della sua rete sociale e di un ispettore coacervo di gusto, cuore e citazioni cinematografiche.
Chaplin e Bresson su tutti, il regista finlandese è come se resuscitasse con ogni gesto/scena un frammento di un grande autore del passato. La potenza di questo cinema non si limita al tocco composto e magistrale, colorato e immobile, ma risiede, soprattutto, nell'amore e nella disperata vitalità, a pasoliniana memoria. Nella sua capacità di essere (e non solo di rappresentare) la vita degli Ultimi, al di là di ogni moralismo borghese, dell'individualismo gretto, della pochezza dell'anima intellettuale e materialistica. Kaurismaki non risparmia colpi, riesce a rappresentare quella unità, quella dignità, quello Spirito ancora vivo oggi, nonostante il distacco dalla modernità così esplicito ma mai così a-ideologico e naturale, che caratterizza le sue narrazioni.
E' tutto qui. Il resto è delle immagini, dei volti, delle brume dei porti e delle strade. E della musica, elemento fondamentale del cinema di questo straordinario autore. Un tutto che non potrebbe non avvenire attraverso un redivivo Little Bob, ananas farciti, cagnette Laika e, mica a caso (come ci manca!), la Finlandia.
Qui sotto una recente intervista (da GQ) del soggetto: regista o camionista russo ubriaco?
Qui sotto una recente intervista (da GQ) del soggetto: regista o camionista russo ubriaco?
venerdì 25 novembre 2011
Breaking Bad, Mary and Max, Arrietty
Ecco alcune delle ultime cose viste che mi sento di suggerire, direi più o meno nell'ordine del titolo del post.
Breaking Bad è una serie che segue l'esplosivo sodalizio tra un professore di chimica malato terminale di cancro e un suo ex-alunno quasi trentenne discreto consumatore e venditore di sostanze psicoattive. Una società al 50% in cui tendenzialmente Walter (il professore) produce, grazie alle sue conoscenze, cristalli metanfetaminici di spaventosa qualità e Jesse cerca di farle girare sulle piazze dello spaccio. Un patto di "convenienza" non solo commerciale, visto che Walter ha anche un ruolo da mentore maschile di buon respiro e intensità, mentre è spesso in difficoltà con il figlio naturale, un sedicenne con una disabilità motoria. Personaggi di spessore per attori degni del ruolo, grandi trovate registiche (specie nella seconda stagione - io sono arrivato fin lì, ma sono quattro, per ora), ambientazione caratteristica americana da middle town centro-meridionale, ben evidenziata da una fotografia attenta e rigorosa, rendono questa serie per molti versi accostabile a Dexter (doppie identità nascoste, contrapposizione tra crimine e legge, malattia, figli in arrivo, eccetera) un lavoro da seguire con la dovuta attenzione, anche solo per puro divertimento.
Mary and Max (di Adam Elliot, 2009, il link è al bellissimo sito ufficiale) è un cartone animato in passo uno molto divertente e intrigante (qui una breve recensione). Il film racconta della relazione di penna tra una bambina australiana "dolcemente disagiata" e un corpulento cinquantenne newyorchese di origine ebraica con qualche problemino nel campo delle sociopatie. Due disadattati in cerca di amicizia che troveranno inaspettati punti in comune, tanto da essere in grado di capirsi e aiutarsi -spesso con consigli assolutamente pazzoidi, forse per questo funzionanti- nel superare le varie paure e difficoltà, davvero non da poco, che devono affrontare nelle loro misere (dal punto di vista materiale e relazionale) esistenze. Mary and Max è un malinconico, gioioso, sarcastico, delicato prodotto del miglior cinema di animazione degli ultimi anni. Da vedere!
Arrietty, scritto da Miyazaki e diretto dal giovane "rampollo Ghibli" Hiromasa Yonebayashi, è un altro anime incredibilmente bello dal punto di vista del disegno e della colorazione. Ambientazioni definite nel più piccolo dei dettagli (è proprio il caso di dirlo) tagliano il fiato su atmosfere incantate, magie di mondi dentro mondi, luci e ombre. La vicenda è tratta dal libro per ragazzi I Rubacchiotti della scrittrice inglese Mary Norton: è un Ghibli, la bellezza non si discute.
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martedì 8 novembre 2011
Novantanove volte 99
'Na decina d'anni fa quando tutto andava bene e sembrava che la posse fosse un treno
che nessuno al mondo poteva fermare mi volli cimentare in un'impresa senza offesa per nessuno che soltanto io la potevo pensare: scendere dal treno e tornare a passeggiare
tra la gente lontano dall'ambiente dei vincenti nel quale mio malgrado mi ero ritrovato e nessuno mi ha cacciato sono io che sono andato via perchè a voi vostri salotti preferisco casa mia perchè ho una faccia sola la mia e se per caso è uguale a un culo è il mio faccio da solo faccio tutto io anche se a dire il vero nun me manca 'a cumpagnia tutti professionisti c'a professione mia
tutti criminali si 'n galera ce vaco je
tutti cocainomani si 'a droga v'o ppavo je
po' tutti magistrati e prufessure se mi perdo nell'oblio!
SONO TORNATI!
La posse che ha fatto ballare e pensare una generazione (la mia) si riaffaccia sulla scena, dopo più di dieci anni, con un album vibrante, versatile e accurato musicalmente (e ricchissimo di collaborazioni).
Hip-hop, raggamuffin', drum 'n' bass, rock, punk, pop e tradizionale...
La miccia è accesa, il discorso spiegato, i pugni alzati.
Si canta di Ultimi (su tutti i detenuti di Cattivi Guagliuni e i "giovani accademici" di University of Secondigliano, che tanto avrebbero da insegnare, con vari metodi, a parecchi giovanotti spocchiosi autori di blog), di rabbia e di riscatto personale e sociale, di lavoro, militanza e...PD...basti il titolo: Yes,Weekend !
I pezzi di apertura spaccano: Canto pe'dispietto, con la NCCP, e University of Secondigliano, con il giovane talento rap napoletano Clementino. Ma anche Tarantelle pe' campà (feat Caparezza), Confusione totale e Mo' basta scuotono e nutrono senza risparmio mente e arti.
Fra i lenti, bello l'omaggio a Carlo Giuliani, su ispirazione della struggente poesia scritta all'epoca da Nichi Vendola, Mai più sarò saggio.
Non mancano però canzoni che proprio non fanno presa, anche a causa di testi e arrangiamenti un po' troppo didascalici come, purtroppo, il pezzo dedicato ad Arrigoni, Resto umano.
Concerto il 5 dicembre a Milano a 12 euro!
mercoledì 2 novembre 2011
Robe da poco: fare un film su Freud e Jung
Esprimere in 93 minuti di pellicola l'intersezione più importante del pensiero psicologico moderno occidentale, non è roba da poco.
Svolgere il mutevole e controverso rapporto fra i padri della psicoanalisi con stile, sintesi e popolarità, non è roba da poco.
Divertire, mentre lo si fa, non è roba da poco.
Dipingere Freud in efficaci tinte e forme, non è roba da poco.
Nè per l'attore, nè per il conduttore.
Abbozzare un giovane Jung frastornato dalla carne e sulla soglia del Libro Rosso, non è roba da poco.
UN LIMITE
Passata la soglia di Freud, dove sono i Portali di Jung? Manca il secondo tempo?
GLI ENCOMI
Grande scrittura, ottima resa visiva, calibrata, sobria, scorrevole.
Oscar come miglior protagonista alla potente e trasformativa essenza del nostro mondo intellettuale: la Parola.
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lunedì 31 ottobre 2011
Come Neve
La Vita
Labirinto, Tu, non sai perchè l'hai perduta.
Come Neve,
Che non attacca
Tu
Scendi
Scivoli
Incanti
Provare a difendersi
I Fiocchi Bianchi
Portano Durezze
Taglienti
Vapore
Trattenere rabbia e impotenza
Non comprendi che sono solo Amore?
Lo sai, come sai il Dolore
Mai più un abbraccio
Solo Neve, che scioglie
E lo Dicevi Tu
Un bicchiere, forse, ma non
Una Parola
di più.
Ciao
mercoledì 26 ottobre 2011
Melancholia: depressione cosmica, finale col botto
PROLOGO
Sintesi
Quadri in movimento
Museo del Novecento, a tinte grezze
"Melancholia"
Ai margini del Mondo:
Un Bosco
Un Fanciullo
Una Sposa
OUVERTURE
OUVERTURE
Le Limousine non passano le curve strette
Candore e Progresso non batteranno cassa
DELLA SPOSA
Justine
Di Marie Antoinette ha i muscoli facciali.
Sa quelle cose,
Polvere
Oggi si muore
"Io ci provo, sorella mia!"
Ma senza dono niente sposo:
Nel Castello
Pochi brinderanno a Noi
Non certo una Madre di vetro,
E un Padre nel vetro, nemmeno
Fraterna Tabella di Marcia
Imboccami il passo
Stringimi il cuore!
Io
So
Morire
DELLA LUCE
DELLA LUCE
Claire cavalca,
Altra faccia di Antichrist,
Creatura attenta,
Fertile, operosa
Un Uomo accanto
"Lui studia, lui sa"
Uno tosto, va bene,
Ma in quanto a Morte...
Si faccia da parte!
I telescopi non divinano
Le Buche chiamano Angeli Infernali
Le Buche chiamano Angeli Infernali
UN FANCIULLO
Apprende
Fonde
Distingue
E poi rifonde.
Come il cielo di Bilancia e Scorpione.
Lo sposo di Justine
Fonde
Distingue
E poi rifonde.
Come il cielo di Bilancia e Scorpione.
Lo sposo di Justine
NEL BOSCO
Tentacoli
Scorze di Tuoni
Scintillii di carne e castagni
Ombre su Ombre
Scintillii di carne e castagni
Ombre su Ombre
UNO
Dici Anima dici Cosmo
Justine sa
Rimettersi al Vuoto
Depressione Cosmica
E IL FINALE E' METACINEMA
Si esce finiti
Si esce finiti
martedì 4 ottobre 2011
Lubitsch, in una parola
Spirito,
Eleganza,
Vita!
In una parola:
Lubitsch!
Ernst Lubitsch, grande regista dal tocco magico, leggero e arguto. Meriterebbe molto spazio, in futuro, chissà, io spero, vedremo...Comunque. Sono -solo- al terzo film (Il cielo può attendere - 3°foto; Scrivimi fermo posta - 1°foto; Ninotchka -quello pubblicizzato con la celebre frase "Garbo Laughs!", La Garbo ride!): qualche suggerimento per muoversi nella sua sterminata e gustosa filmografia?
martedì 27 settembre 2011
O-P-I-D-E, ovvero: figlio mio ti rompo la testa - Killer Joe + Himizu
Introduzione
Dopo lunga latitanza, si torna a scrivere dei due film che sono riuscito a vedere della rassegna milanese dedicata ai Leoni di Venezia.
N.B. Questo post contiene qualche spoiler, ma più che altro farina grossa del mio sacco.
N.B. Questo post contiene qualche spoiler, ma più che altro farina grossa del mio sacco.
Premesse
1) Io so che nella vita ci sono segni (e sogni) che indicano, propongono scelte connesse con quello che siamo, per collegamenti evidenti, piuttosto che nascosti sullo sfondo. A volte irrazionali, insensati, ma ci sono sempre percorsi e tracce che accolgono chi cerca, chi leggere sa.
2) Io viaggio, e non da poco e non senza Degne Guide, nei fantastici territori del Sé.
3) Io non leggo prima le trame dei film che scelgo di vedere.
4) Io ho scelto di vedere Himizu semplicemente perché volevo conoscere Sion Sono, regista giapponese "cult" e mi sembrava bello cominciare dalla sala piuttosto che dal triste divx; e ho scelto Killer Joe perchè lunedì sera potevo uscire, mi piacciono i noir e perchè critica e pubblico condividevano l'entusiasmo per il film di William Friedkin, l'autore del leggendario L'esorcista.
Esposte le premesse, trovarsi a vedere due film nell'ambito di una rassegna che raccontano di genitori desiderosi di uccidere i propri figli, stavolta, checchè ne dicano le Degne Guide di cui sopra, è evento esclusivamente! frutto del caso.
O almeno. Lo è per quanto riguarda me stricto sensu, non lo è se nella concezione di me ci metto ciò che gira attorno a me, e come la Luna il Mare, mi coinvolge, mi attornia e mi ri-guarda.
Ecco quindi la mia contorta ma grossolana riflessione, frutto del -presunto- caso di aver visto due film così.
La tesi
Nel Terzo Millennio Edipo viaggia in senso contrario: i genitori non vogliono crescere. Ma per restare adolescenti -e giocare senza fine al consumatore insoddisfatto- i figli che crescono sono un ostacolo.
Himizu
Il padre alcolista ha abbandonato il figlio, ma periodicamente lo deruba e gli ricorda che: "Dovevi morire da piccolo nell'incidente. Avremmo preso i soldi dell'assicurazione. Dovevi morire." E poi giù calci, pugni.
Killer Joe
"Ammazzalo Joe, ammazza questo bastardo!" dice il padre a Joe mentre quest'ultimo infierisce su suo figlio. Joe è un killer assoldato da padre e figlio all'inizio della storia per uccidere la madre/ex-moglie.
Ecco tutto
Questi due film, il primo sicuramente più interessante per approccio e talento dell'autore, il secondo notevole nel crescendo verso la spettacolare scena finale, raccontano di famiglie nelle quali i genitori sono, più o meno apertamente, disposti a tutto pur di tirare a campare un po' meno peggio del solito. Parliamo di proletariato e, nella fattispecie, di "casi sociali" di abbandono di minori, i quali, però, sembrano essere i meno spaesati nei confronti della vita, forse perché gli adolescenti così rappresentati sono venuti su senza speranze, più allenati delle generazioni precedenti a confrontarsi con il disfacimento della Grande Illusione del Ce n'è per tutti.
Killer Joe è senza dubbio meno ricco e complesso del film giapponese qui accostato. Il lavoro di sceneggiatura e regia mira più che altro ad approfondire la figura di Killer Joe -forse un po' di genere, ma ben fatta- e soprattutto di Dottie, la giovane affittata (senza virgolette) a Joe quale pegno del pagamento per il matricidio. Del resto si parte da un testo teatrale, e la pellicola di Friedkin è, in fin dei conti, la "solita storia" di poveracci indebitati in cerca di respiro (il bisogno manifesto è il denaro, ma certo è altro ciò di cui questa famiglia necessiterebbe per uscire dalla palude umana in cui sopravvive) mirare al di sopra delle proprie possibilità per poi, una volta fregati, scaricare nel peggiore dei modi possibili i propri compagni di sventura, che siano figli o mogli non importa.
Si esagera, si ride e si scandalizza; soprattutto si riesce a eccitare disgustando, cogliendo in pieno il nesso tra dominazione, violenza e piacere. Questo, però, è il limite entro cui si esaurisce ciò che il film muove.
Himizu, tratto da un manga, è invece un film stratificato e sofisticato, per storia e per fattura, per quanto globalmente lo si possa classificare come un dramma caratterizzato da montaggio e ritmi serrati (eccetto nell'ultima parte in cui diventa un quasi melò), azione, e una buona dose di violenza. Forse è proprio questo "sdoppiamento" a renderlo così interessante.
Si parla della nazione Giappone, del disastro di Fukushima, e tutto ciò entra nella storia "da davanti", cioè attraverso personaggi, dialoghi e azioni reali, e "da dentro", in bellissime sequenze oniriche girate nei luoghi devastati dal terremoto e dallo tsunami. In particolare, la "vera" famiglia di Sumida, l'adolescente protagonista del film, è formata dal variegato gruppo di senzatetto di Fukushima che il giovane ospita nel terreno prospiciente la sua attività (un fatiscente noleggio barche sulla riva di un fiume).
Si parla anche di amore, adolescenziale, disperato, folle; e assoluto è, nella sua esuberante poesia, il personaggio di Chazawa, la compagna di classe innamorata persa del protagonista. Anche Chazawa è perseguitata da genitori assenti (un ossimoro?), anche se a differenza di Sumida, la sua è una famiglia benestante. Mamma vuole i soldi per giocare a pachinko e, stanca delle resistenze della figlia, ha installato con papà una scintillante forca rossa in salotto, sembra faccia parte della gadgettistica di Hello Kitty, e forse è davvero così. Chazawa deve morire per consentire ai suoi genitori una vita più tranquilla.
Sumida lotta disperato contro le sopraffazioni del padre e le conseguenze della sua irresponsabilità, tra cui un pesante debito contratto con la mafia. Potrebbe contare sulla gratitudine dei suoi ospiti sfollati e, soprattutto, sull'onnipresente e iperattiva Chazawa, ma il ragazzo vorrebbe solo starsene tranquillo, vivere un'esistenza normale per la sua età (come lo capisco). Purtroppo per lui finisce sempre in vacca: solo indifferenza (anche materna) e botte che lo portano a reagire male distruggendo anche quel poco di normale che la vita gli dà.
Allo stremo e ormai rassegnato al peggio, Sumida, dopo una sorta di suicidio e rinascita rituale, si dipinge il volto e vaga armato di coltello per le strade, cercando di espiare e sfogare la propria rabbia aggredendo i "cattivi"...Ma senza poter fare a meno di notare quanto essi siano simili a lui, in quanto a dolore e smarrimento.
Come nelle fiabe, è solo l'orco cattivo (un terribile capo yakuza) ad avere la facoltà di impartire al giovane protagonista non solo una lezione, ma una vera impronta di paternità, di guida maschile. Da questo punto in avanti Sumida rimette insieme qualche pezzo con tenacia e comincia con l'accettare la presenza di Chazawa, lasciandosi amare. Ma, come già accennato, in questa ultima parte Himizu scivola nel melodramma, un cambio di registro che stride, fuori luogo, non troppo fluido né motivato. Questi, per sommi capi, i punti caldi del film di Sion Sono. Impossibile in questa sede riportare le molte altre facce di una trama solo apparentemente lineare, con notevoli sconfinamenti fra registri e scenari.
Per concludere con un'immagine che riporta agli aspetti comuni ai due film, spenderei due parole sulle botte. Colpi e tumefazioni ricacciano dentro, è un'implosione che provoca lividi e tumefazioni. Niente lame, come quella con cui Sumida vorrebbe tagliare, recidere, permettendo al sangue di fluire, purificante. Queste giovani vittime non hanno nemmeno il privilegio di un taglio: solo pugni e bastonate. Un orizzonte diverso, un altro tipo di energia, violentemente pastorale.
Questi due film, il primo sicuramente più interessante per approccio e talento dell'autore, il secondo notevole nel crescendo verso la spettacolare scena finale, raccontano di famiglie nelle quali i genitori sono, più o meno apertamente, disposti a tutto pur di tirare a campare un po' meno peggio del solito. Parliamo di proletariato e, nella fattispecie, di "casi sociali" di abbandono di minori, i quali, però, sembrano essere i meno spaesati nei confronti della vita, forse perché gli adolescenti così rappresentati sono venuti su senza speranze, più allenati delle generazioni precedenti a confrontarsi con il disfacimento della Grande Illusione del Ce n'è per tutti.
Si esagera, si ride e si scandalizza; soprattutto si riesce a eccitare disgustando, cogliendo in pieno il nesso tra dominazione, violenza e piacere. Questo, però, è il limite entro cui si esaurisce ciò che il film muove.
Himizu, tratto da un manga, è invece un film stratificato e sofisticato, per storia e per fattura, per quanto globalmente lo si possa classificare come un dramma caratterizzato da montaggio e ritmi serrati (eccetto nell'ultima parte in cui diventa un quasi melò), azione, e una buona dose di violenza. Forse è proprio questo "sdoppiamento" a renderlo così interessante.
Si parla della nazione Giappone, del disastro di Fukushima, e tutto ciò entra nella storia "da davanti", cioè attraverso personaggi, dialoghi e azioni reali, e "da dentro", in bellissime sequenze oniriche girate nei luoghi devastati dal terremoto e dallo tsunami. In particolare, la "vera" famiglia di Sumida, l'adolescente protagonista del film, è formata dal variegato gruppo di senzatetto di Fukushima che il giovane ospita nel terreno prospiciente la sua attività (un fatiscente noleggio barche sulla riva di un fiume).
Si parla anche di amore, adolescenziale, disperato, folle; e assoluto è, nella sua esuberante poesia, il personaggio di Chazawa, la compagna di classe innamorata persa del protagonista. Anche Chazawa è perseguitata da genitori assenti (un ossimoro?), anche se a differenza di Sumida, la sua è una famiglia benestante. Mamma vuole i soldi per giocare a pachinko e, stanca delle resistenze della figlia, ha installato con papà una scintillante forca rossa in salotto, sembra faccia parte della gadgettistica di Hello Kitty, e forse è davvero così. Chazawa deve morire per consentire ai suoi genitori una vita più tranquilla.
Sumida lotta disperato contro le sopraffazioni del padre e le conseguenze della sua irresponsabilità, tra cui un pesante debito contratto con la mafia. Potrebbe contare sulla gratitudine dei suoi ospiti sfollati e, soprattutto, sull'onnipresente e iperattiva Chazawa, ma il ragazzo vorrebbe solo starsene tranquillo, vivere un'esistenza normale per la sua età (come lo capisco). Purtroppo per lui finisce sempre in vacca: solo indifferenza (anche materna) e botte che lo portano a reagire male distruggendo anche quel poco di normale che la vita gli dà.
Allo stremo e ormai rassegnato al peggio, Sumida, dopo una sorta di suicidio e rinascita rituale, si dipinge il volto e vaga armato di coltello per le strade, cercando di espiare e sfogare la propria rabbia aggredendo i "cattivi"...Ma senza poter fare a meno di notare quanto essi siano simili a lui, in quanto a dolore e smarrimento.
Come nelle fiabe, è solo l'orco cattivo (un terribile capo yakuza) ad avere la facoltà di impartire al giovane protagonista non solo una lezione, ma una vera impronta di paternità, di guida maschile. Da questo punto in avanti Sumida rimette insieme qualche pezzo con tenacia e comincia con l'accettare la presenza di Chazawa, lasciandosi amare. Ma, come già accennato, in questa ultima parte Himizu scivola nel melodramma, un cambio di registro che stride, fuori luogo, non troppo fluido né motivato. Questi, per sommi capi, i punti caldi del film di Sion Sono. Impossibile in questa sede riportare le molte altre facce di una trama solo apparentemente lineare, con notevoli sconfinamenti fra registri e scenari.
Per concludere con un'immagine che riporta agli aspetti comuni ai due film, spenderei due parole sulle botte. Colpi e tumefazioni ricacciano dentro, è un'implosione che provoca lividi e tumefazioni. Niente lame, come quella con cui Sumida vorrebbe tagliare, recidere, permettendo al sangue di fluire, purificante. Queste giovani vittime non hanno nemmeno il privilegio di un taglio: solo pugni e bastonate. Un orizzonte diverso, un altro tipo di energia, violentemente pastorale.
lunedì 26 settembre 2011
giovedì 1 settembre 2011
Intelligenze
Post anomalo per il blog ma vicino, almeno quanto non lo sia il cinema, agli interessi del sottoscritto. Parliamo di Intelligenze, I maiuscola, di tipo vegetale. E parliamo di un principiante, uno davvero alle prime armi, nel riconoscimento e nell'Arte del loro utilizzo archetipico, erboristico, e...tutto il resto, imprescindibilmente unito nell'Arte e nella conoscenza popolare. E chiamiamolo pure pivello, questo principiante. Ma un pivello che, proprio perché ardentemente desideroso di colmare un vuoto e sentirsi più vicino ai linguaggi della Natura, nella sua campagna valsassinese non ha lasciato passar giorno senza osservare, raccogliere, provare una Selvatica dei ricchi prati e boschi della zona.
Se è stato abbastanza semplice e gratificante riconoscerne alcune, su molte altre ho parecchia confusione. E' per questo che, grazie alla disponibilità della preziosa Nyc (vedi blog amici) a partecipare al "gioco riconosci la pianta" (mia idea e definizione), pubblico qui alcune foto che, diciamolo subito, sono in maggioranza veramente brutte. Una parte di immagini è inguardabile perché scattata negli ultimi giorni, di fretta e con un occhio solo, proprio mentre il piccolo G. ha cominciato a voler camminare (correre sarebbe verbo più adatto, come si può vedere sotto) da solo sui sentieri, con conseguente nostra raddoppiata attenzione alle sue performance.
Le restanti non sono brutte. Sono penose. Smascherano senza pietà la grossolanità del quadernino di fortuna su cui le ho appiccicate (si noti la qualità dello scotch, probabilmente un rotolo più vecchio di me scovato in casa della bisnonna) dopo una veloce e pessima essiccazione. E poi uno si meraviglia che non trova i semi e non riconosce le identità, penserà qualcuno. A ragione!
Insomma, questo è un post che, dico mica per ridere, per me è un concentrato di imbarazzo. Ma cosa non si è disposti a fare per amore della Conoscenza (questo tipo di conoscenza va scritta con la maiuscola) e delle sue manifestazioni più spettacolari in quanto a varietà, usi, tradizioni?
Comunque, ecco le foto.
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Potrebbe essere Cirsio...ma alcune piante, come si vede sopra, arrivano al metro e mezzo...
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Profuma di limone, ma vero che non è Meliloto?
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Scabiose, centauree, fiordalisi. Intelligenze stupende all'occhio che mi confondono per bellezza, gerarchie famgiliari e varietà! PS La penultima foto non è mia.
Scabiose, centauree, fiordalisi. Intelligenze stupende all'occhio che mi confondono per bellezza, gerarchie famgiliari e varietà! PS La penultima foto non è mia.
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Non è Angelica, non è Finocchio, non è Carota, non è Cerfoglio, ma è molto frequente. Qui urge lo studio delle Ombrellifere, a dire il vero!
Non è Angelica, non è Finocchio, non è Carota, non è Cerfoglio, ma è molto frequente. Qui urge lo studio delle Ombrellifere, a dire il vero!
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Stellina Odorosa?
Grazie a tutti per gli eventuali commenti/responsi!
mercoledì 31 agosto 2011
Classifica stagione film 2010/2011
MIRABILIS
...
5 UOMINI DI DIO
di Beauvois. Amare Dio è amare. Amare i figli, amare la Terra.
...
di Malick. Una carezza dalle stelle.
di Leigh. La vita com'è, dura, dolce: e le sue parole.
di Aronofsky. Nero.
4 INCEPTION
di Nolan. Tantracinema.5 UOMINI DI DIO
di Beauvois. Amare Dio è amare. Amare i figli, amare la Terra.
6 FOUR LIONS
di Morris. "La serietà di una religione si misura con quanto si possa prenderla in giro". Demenziale e inquietante: bellissimo.
7 LA VENERE NERA
di Kechice. Vorticoso. Carnale.
8 MY SON MY SON WHAT HAVE YE DONE
di Herzog (e zampino di Lynch). Bastano i nomi?!?
di Baumbach. Generazionale, ma senza rompere le palle. Mica poco.
di Moretti. Orpelli, artifici, e un mare di noia.
2 127 ORE
di Boyle. Generazionale nel peggior senso della parola. Presuntuoso.
3 13 ASSASSINI
di Miike. Cazzo fai, Takashi?
di Hooper. "La canonizzazione del "Discorso del re" di T. Hooper sembra la conferma degli stereotipi classici che confezionano un film da Oscar: buoni sentimenti, fonte "alta", costumi d'epoca, accento inglese, politica rassicurante e forma insipida e, quello che non fallisce praticamente mai, il protagonista disabile."
5 HEREAFTER
di Eastwood. Un'altra esplorazione del nulla, con poco dentro. Rivoglio Gran Torino. La guerra. Tutto ma non Changeling e Hereafter.
6 MACHETE
di Rodriguez. Peccato dirlo, ma era moooolto meglio rimanesse un trailer.
7 TRON LEGACY
di Kosinski. Penoso.
8 LO ZIO BOONMEE CHE SI RICORDA LE VITE PRECEDENTI
di Weerasethakul. Un'autentica buccia intellettuale, per questo da vedere.
9 IN THE MARKET
di Lombardi. Link al trailer cliccando sul titolo. Strepitoso.
9 IN THE MARKET
di Lombardi. Link al trailer cliccando sul titolo. Strepitoso.
giovedì 4 agosto 2011
Ghetto Blaster!
Boombox!
E' uscito su Alias (se riesco lo posterò in seguito) un bellissimo articolo sul mitico Ghetto Blaster, il radiolone con cassetta che ci si portava in giro negli anni '80-'90. Un articolo che documenta con passione e freschezza il ricordo della bellezza di quei momenti, quando la musica eri tu, e basta, e ogni luogo poteva diventare festa e danza ribelle. Anche un tram!
Qui sotto alcuni pezzi, dalla notte metropolitana, che mi hanno bollito il sangue per diverso tempo, e ancora lo riscaldano. Per intensità della vicenda e cura della metrica, doveroso omaggiare gli Assalti Frontali, con tre video recenti (girati come un'unica storia) di vecchi pezzi storici degli anni '90. Poi, per le posse, senza dubbio Stop al panico e infine alcuni sguardi su gente di altri luoghi e tempi.
Chi mi conosce sa come mi comportavo (e comporto!) e quello che facevo per strade e situazioni di Milano. Con il mio boombox picchiavo pure io, breve stagione e non certo da b-boy ma molto "crossover" (esteriormente e interiormente). Comunque, nello stereo ci mettevo le prime posse italiane, i Wu-Tang e i Public Enemy, poi Almamegretta, 99 Posse...Oggi lo rifarei con alcune ballate balcaniche e la techno: tanto i rave sono fuori moda. O forse ci metterei pure Clementino (ultimo video che spacca: lui sarà ospite del prossimo attesissimo album dei 99). Due cose sarebbero le stesse: le frasi -Lucania libera, Viva le farfalle, Solo l'amore e il conoscere contano- e, come direbbero gli IAM la merde.
Qui sotto alcuni pezzi, dalla notte metropolitana, che mi hanno bollito il sangue per diverso tempo, e ancora lo riscaldano. Per intensità della vicenda e cura della metrica, doveroso omaggiare gli Assalti Frontali, con tre video recenti (girati come un'unica storia) di vecchi pezzi storici degli anni '90. Poi, per le posse, senza dubbio Stop al panico e infine alcuni sguardi su gente di altri luoghi e tempi.
Chi mi conosce sa come mi comportavo (e comporto!) e quello che facevo per strade e situazioni di Milano. Con il mio boombox picchiavo pure io, breve stagione e non certo da b-boy ma molto "crossover" (esteriormente e interiormente). Comunque, nello stereo ci mettevo le prime posse italiane, i Wu-Tang e i Public Enemy, poi Almamegretta, 99 Posse...Oggi lo rifarei con alcune ballate balcaniche e la techno: tanto i rave sono fuori moda. O forse ci metterei pure Clementino (ultimo video che spacca: lui sarà ospite del prossimo attesissimo album dei 99). Due cose sarebbero le stesse: le frasi -Lucania libera, Viva le farfalle, Solo l'amore e il conoscere contano- e, come direbbero gli IAM la merde.
Con questo, saluti e buona estate
Melina Riccio
Signora di origine irpina, domiciliata a Genova ma spesso "in tour" per il Paese, Melina Riccio (nome calzante!) è un'artista nel senso vero della parola. Melina ha una missione, mistica, da compiere con gesti semplici e potenti. Vestita di frutta che regala a chi incontra, compone slogan, messaggi e poesie di pace, amore e fratellanza. Melina, io credo, ha qualcosa da insegnare.
Il video riportato sopra è la versione ridotta di un documentario a lei dedicato di Serena Gargani. Scritte e composizioni di Melina Riccio si trovano anche a Milano. Sul web trovate molte informazioni. Ecco alcune foto di quelle che conosco e/o mi hanno colpito di più.
martedì 2 agosto 2011
Gongolo in gondola - Venezia 2011
Escono in queste ore i film del prossimo Festival di Venezia. In generale mi sembra un programma un po' sottotono, pur restando "all'altezza". Per quanto riguarda Muli, setacci e picconi, segnaliamo tre film, tutti in concorso, tutti che promettono molto.
1. DAVID CRONENBERG - A DANGEROUS METHOD
Attesissimo, richiamatissimo, finalmente arriva il film del grande regista canadese (autore di A History of Violence, Il pasto nudo, La mosca...e tanti altri film belli come viscere palpitanti) che osa mettere in scena due fra i personaggi più importanti della storia culturale e sociale della nostra civiltà: il padre della psicoanalisi e il suo principale (e fondamentale) prosecutore. Curiosità a tremila!
Dopo l'eccellente Lasciami entrare, come perdersi lo sguardo algido ed empatico del regista svedese alle prese con una storia di spionaggio britannica anni '70? Non-si può!!
3. MARJANE SATRAPI, VINCENT PARONNAUD - POULET AUX PRUNES (in Italia POLLO ALLE PRUGNE)
Come i precedenti bellissimi racconti a fumetti, anche Pollo alle prugne non è che un frammento della storia della Persia contemporanea, filtrata con acume e ironia dall'autrice che, come per l'ottimo Persepolis, cura personalmente disegni, animazione e regia. (Il trailer non è in rete: ho trovato però un filmato che raccoglie alcune vignette del fumetto da cui è tratto il film, con un canto molto bello che accompagna)
Segnaliamo anche il film (L'ultimo terrestre) dell'inimitabile fumettista italiano Gipi e quello (Alps) di Lanthimos, che due anni fa firmò Dogtooth, opera su una famiglia che cresce "a modo suo" i figli, segregati in casa e alienati persino nel linguaggio. Come dire: un Haneke più "strutturato", archetipico e...delirante, ma forse anche più interessante.
lunedì 1 agosto 2011
Piccolo Nemo (torna) nella Terra del Dormiveglia
Winsor McCay è autore di splendidi fumetti, alcuni dei quali trasportati in animazioni che hanno fatto la storia del cinema. Parliamo di quasi cento anni fa, ma hanno ancora tantissimo da dire. Eccone un paio di esempi:
Il secondo cartone animato è dedicato ai personaggi di Little Nemo, il bambino protagonista della celebre striscia uscita su quotidiani americani dell'epoca. Nemo è un bambino che dormendo compie incredibili viaggi in mondi fantastici, incontrando animali, mostri, personaggi di fantasia. Immancabilmente, al risveglio, Nemo si trova caduto dal letto, sotto lo sguardo fra il preoccupato e il rassegnato dei suoi genitori.
Ho la fortuna di possedere un grande libro a colori, un'edizione magnifica regalatami da un amico, che contiene tutte le strisce di Little Nemo. Ed ho anche la fortuna di aver visto di recente un ottimo anime (giapponese ma con ampia collaborazione europea) del 1989, che riprende il personaggio di Nemo per un'avventura tra Mondo dei Sogni e Regno degli Incubi. E, a dispetto della sfiducia che avevo nel vedere tradotto nei linguaggi dei nostri giorni un'opera magica legata a tempi ormai antichi, devo dire che Piccolo Nemo - Avventure nel mondo dei sogni è un buon film, da vedere con i bambini o anche fra "grandi". L'animazione riesce a riprendere lo spirito dei personaggi e delle atmosfere di McCay in una storia di classico -e ben funzionante- impianto fiabesco.
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