giovedì 17 settembre 2015

Traghettare sogni

Laura, l'ostetrica e ora amica, che ha accompagnato gravidanza e parto della nostra cicciona secondogenita nata con l'ultima Primavera, ha voluto fare quest'esperienza che merita la più ampia condivisione.

Laura è appena rientrata dalla missione a bordo delle navi della Marina durante la quale ha prestato assistenza e soccorso a oltre 650 migranti, molte donne e bambini.

Da ottobre 2013 ad oggi, oltre 90 volontari sanitari sono stati impegnati in questa missione di soccorso per portare asssitenza e aiuto ai tantissimi migranti che ogni giorno arrivano nel canale di Sicilia.

"Parto con lo zaino, un po’ me lo sento che sarà un’avventura.
Il quarto giorno ci viene chiesto di raggiungere un “bersaglio” sul mar Libico. Navighiamo velocemente per raggiungere l’imbarcazione. Eccolo li il barcone. Come mi sento? Come si chiama questa cosa che sento? Devo starci dentro un attimo per capire ma poi la riesco a definire: è angoscia. Io con le mie certezze davanti a loro con la loro storia. Iniziano a salire e non c'è più tempo per pensare, tutto si dilegua per ricomparire solo al rientro a casa. Salgono e sono corpi.
Corpi senza identità. Anime che hanno dovuto lasciare in Patria la dignità, zavorra impossibile da trattenere in un viaggio simile. Esseri umani accalcati sul ponte di catrame di una nave da guerra in una prossimità che non conosce nazionalità, religione, stato sociale, tutti ugualmente spinti dal desiderio di un futuro migliore. Ecco cosa si fa in queste missioni: si traghettano sogni.

Cerco spazio per camminare tra quella distesa di membra che stiamo cercando di aiutare, ne sono arrivati tanti oggi, si parla di 4000, 548 sono con noi, tra loro sette gravide, una a termine, una con varicella, una vuole abortire perchè è stata violentata, due neonati con condizioni serie, quella di cinque giorni con temperatura elevatissima la trasferiremo perchè non potrebbe resistere in quelle condizioni, quello con cefaloematoma reagisce bene, proviamo a tenerlo. La disidratazione è il problema più grave e non è semplice riportare equilibrio in quelle carni già così provate da stenti precedenti.

I bambini sotto i due anni, circa una quindicina, hanno tutti diarrea, alcuni varicella, un ragazzo pelle e ossa sta collassando, ha uno squilibrio elettrolitico che penso potrebbe essere letale su un fisico come il suo, con quella testa tutta occhi, la bocca che non sta chiusa, le articolazioni sproporzionate e la massa muscolare inesistente; il polso si sente appena, dobbiamo reidratarlo. Un altro ha probabilmente delle fratture alle gambe, non si è mai alzato e ha molto dolore. So cosa dovrei fare ma so che non si può fare. Cerco di monitorare la situazione per capire se qualcosa sta degenerando, non possiamo curare, possiamo solo fare primo soccorso e poca, quasi nulla prevenzione. Ci si abitua in fretta a riconsiderare le priorità abituali, a guardare prima i moribondi.

In due giorni dormo circa 4 ore non consecutive. Ci provo ad andare a letto ma non riesco a staccare la mente, ho bisogno di essere li per verificare che le cose stiano lentamente migliorando, che insieme alla notte, stia arrivando anche un po' di pace.
Mi aiuta Merta a tenere sotto controllo la situazione, la splendida ragazza quattordicenne con il turbante blu che traduce in arabo il mio inglese, le dico che sarebbe una brava ostetrica, lei mi guarda con gli occhi che brillano e so che ci penserà davvero.

Infine terra, la vedono in lontananza e cominciano a sorridere. La nave entra lentamente nel porto di Palermo e loro cantano. Cantano la gioia di essere nella terra promessa, un carico umano di aspettative legittime e represse che stanno finalmente trovando una via, una possibilità seppur vaga di realizzazione. È il nuovo significato che dobbiamo dare alla parola “difesa”, non c'è nulla di più nobile di un esercito che soccorre, cura e accompagna gli individui nel loro progetto di vita, di questo abbiamo bisogno più di ogni altra cosa. 

Questo fanno i marinai oggi, a volte con orgoglio, a volte senza capirne il senso ma chi di noi riesce davvero a capire il senso di questo dramma? Sono giovani uomini sotto i  trent'anni, capaci di condurre una nave di 1500 tonnellate ad attraccare ad un porto, avvicinandosi al molo con la gentilezza di una brezza, capaci di recuperare due naufraghi aggrappati ad un galleggiante in mare aperto con un elicottero e un verricello, in grado di individuare un uomo in mare attraverso gli infrarossi. Sanno muoversi al buio i marinai e quando manca la luna il buio è così nero da farti pensare di poterticisi perdere dentro, da farti dubitare della tua stessa identità, da farti perdere il ricordo dei confini del tuo corpo. Il buio, angoscia primale, paura di scomparire. Cosa si prova a navigare su un gommone in mare aperto in una notte senza luna? Cosa si prova a girare lo sguardo per giorni su un guscio di noce vedendo solo un orizzonte lineare, onde, azzurro, afa, sete, diarrea, vomito, mal di testa. Puzza di gasolio e carne che decubita.
Non si può ancora perdere la parola come quella volta all’isola dei Conigli in cui il mare era disseminato di cadaveri, bisogna continuare a credere che la vita sia bella, che il mare luccichi per tutti i popoli della terra, che il sole splenda per sempre.

Torno con lo zaino e non è stata solo un’avventura. Sindrome da rientro, ce l'ho. Parlo e improvvisamente mi devo interrompere perchè le emozioni mi sopraffanno. Scrivo messaggi e piango, eppure non riesco a dire a parole cosa sia stato davvero quel miscuglio contaminante di professione, amicizie, elementi naturali, cronaca, vita.  È navigazione. Sempre e ovunque."

Laura


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