giovedì 31 marzo 2011

Breve aggiornamento Dexter, con classifica. E Zombi

 Sì, dai, alla fine non è male la quinta stagione.

E comunque, ecco la mia piccola classifica:

1 Seconda (lotta con se stesso)
2 Prima (presentazione della serie e fratello/alter ego)
3 Quarta (grazie a Trinity)
4 Quinta (I love Debra Morgan)
5 Terza (mpfff)














Adesso, pausa. 
Volevamo riaprire le danze con The wire  o The Boardwalk Empire, nell'attesa di Dexter "The Sixth" e dell'entusiasmante The Walking Dead "The Second". A proposito di quest'ultimo, ho letto in questo periodo le prime cinque raccolte -parliamo di fumetto- da cui è tratta la serie. Ragazzi, che bel lavoro! Disegni, sceneggiatura, storia: tutto di ottima fattura. 


Peccato/per fortuna che nonostante la vicenda narrata negli albi sia molto spostata sulla storia principale, cioè quella che collega una "puntata" all'altra, il fumetto The Walking Dead sia tuttora in pubblicazione ed evoluzione, e non se ne prevede fine, nemmeno a medio termine, così come stabilito sin dall'inizio dall'autore Robert Kirkman. Onore al merito e cazzi per chi volesse comprarsi tutti gli albi!!

venerdì 25 marzo 2011

Meraviglie di Milano, Meraviglie del Cinema: Festival del Cinema Africano (con SUPERCHICCA)

..e d'Asia e America Latina, da ormai diversi anni.
Ventuno edizioni per un evento di grande qualità e umanità
Qualità perché è un festival che fa della ricerca, dell'esperienza, e della poliedricità dello sguardo un elemento strutturale della selezione. 
Umanità perchè nasce da un'esperienza di lavoro sociale, interculturale e solidale (il Centro Orientamento Educativo), svolto in modo umile e professionale. E soprattutto perché tutto ciò arriva anche a chi frequenta l'evento, ricco di incontri con i protagonisti, collaborazioni felici (Naga, Fà la cosa giusta, ecc), momenti di approfondimento, e privo delle insopportabili puzze e puzzette, (s)fighette e servetti che spesso infestano, soprattutto a Milano, questo genere di contesti. 
Come motivi per farne una Meraviglia di Milano mi sembra che ne abbiamo a sufficienza Passiamo a qualche esempio di lavori visti in questi giorni e a una vera superchicca che viene da un'edizione del passato.
Per prima cosa Pumzi, il primo film (cortometraggio) di fantascienza prodotto in Kenya

Uno sguardo nero e moderno sul tema del controllo sociale e della vita, con speciale riferimento al suo principale elemento costituente, l'essenza con cui gli africani hanno particolare e ovvia affinità: l'acqua. La sensazione avuta a fine proiezione? Un grande dispiacere perché non se ne fosse fatto un lungo.

Poi il bel film ciadiano, già presentato a Cannes 2010, Un homme qui crie

Struggente è il canto della giovane fidanzata, intonato dopo laver ascoltato le parole del padre del figlio che porta in grembo, arruolato in modo coatto (e con la complicità del padre) dall'esercito, a causa della spaventosa guerra civile. Il film è un godibile viaggio con ritmo e logiche africane nel rapporto tra un padre e un figlio prima complici e colleghi, poi rivali e divisi...Perchè tutto si evolve e si deve evolvere (il figlio vuole crescere e l'Edipo è sempre l'Edipo), ma vi sono derive (la guerra civile e il Potere) che mettono fine ad ogni sogno.

Infine la...SUPERCHICCA!!
(con promessa di approfondimento in apposito post)

VHS Kahloucha (altrimenti conosciuto come Il Tarzan degli arabi), di Nejib Belkadhi.
Le spassose e illuminanti vicende di Kahloucha, un imbianchino dei quartieri poveri di Sousse, noto centro turistico tunisino, la cui prima e ossessiva passione è Madame Cinema. Gli abitanti di Sousse farebbero a botte per recitare in Tarzan degli arabi o ne La battaglia di Fatima contro la bottiglia, che poi sono alcuni dei titoli dello stupefacente primo video(b)maker del Maghreb.
Non avete ancora capito. Kahloucha è estro allo stato puro. E' capace di dar fuoco alla propria casa per riprendere realisticamente un incendio, e nonostante ciò (in virtù di ciò!!) essere considerato un grande. E' un regista conosciuto da molti migranti, i quali vedono i suoi film all'estero non solo per scompisciarsi dalle risate, ma soprattutto per vedere i parenti che vi recitano. Tutto, infatti, è a budget zero e con distribuzioni (quelle sì) clandestine e artigianali nei bar di mezzo Mediterraneo.

Imperdibile. Forse solo in posti come la Tunisia, o come Napoli, luoghi magici, maledetti e bellissimi, possono maturare simili frutti.

P.S. Il sito del Festival

mercoledì 16 marzo 2011

Diritti e lavoro



Post Out of Theme, ma per validi motivi, visto che riguarda da vicino il sottoscritto e tanti altri.

Se cliccate sul relativo banner partendo da questo link o se leggete nel documento qui sopra, troverete i commenti e le notizie provenienti dal sito Cgil Filcams sull'accordo (firmato da Cisl e Uil) sul rinnovo del contratto nazionale del commercio, che consentirebbe "convergenze" (leggasi ricatti) di sapore quasi feudale. Grazie alla minaccia strumentale della crisi di un sistema economico che tutela in primis non certo gli interessi di impiegati e operai e dello stato sociale, saltano basilari principi di solidarietà con l'annullamento delle malattie pagate, l'introduzione di norme del collegato lavoro sulla certificazione dei contratti e sull’arbitrato (forme di ricatto e di rinuncia dei lavoratori ai diritti di legge e contrattuali) e altre amenità come la riduzione delle ore di permessi per i neo assunti...
La cosa peggiore, poi, è la trattativa separata, con la Cgil che esce ancora una volta (e ancora giustamente) dai tavoli.
Alla notizia, Laura Dern, in solidarietà con i lavoratori, ha espresso qualche perplessità.




















Diffondiamo, informiamo e sosteniamo chi ci tutela davvero!


sabato 12 marzo 2011

Dell'angoscia e della paura

 


Eccone un altro. Che palle, questi post generalisti e "classificosi", direte. E rispondo che avete ragione, il fatto è che mi sollazza starmene a tirare fuori un po' di sassolini dalle scarpe nel ripercorrere tutti questi anni in compagnia di film, sogni e incubi ma in assenza di un blog in cui sfogarmi liberamente (avevo ovviamente già scritto di cinema, ma mai su carte e pagine "mie"). Senza contare che la (abbondante) parte di me ancora fanciulla si bea tanto di quelle discussioni da merende o mezze sbornie durante le quali ci si racconta dei film che fanno più paura, dei cartoni più belli, dei drammi più insulsi...e via dicendo. Prima di cominciare, un chiarimento: paura e angoscia sono qui indissolubilmente legati. Per intenderci: non metto da un lato Dario Argento e dall'altro Von Trier.

1) Questo connubio si chiarirà dicendo del primo regista che ha la facoltà di mandare in subbuglio, smuovere, attorcigliare e agghiacciare il sottoscritto (e tanti altri, dite la verità...) ogni maledetto film: Micheal Haneke.

 
Nelle sue opere va in scena il violento annientamento della famiglia borghese (Funny Games, Il tempo dei lupi), si denudano fino alla scarnificazione gli istinti meno prosaici (come ne La pianista), si fa piazza pulita di ogni sicurezza. Violenza gratuita e smarrimento totale, senza spiegazione, come in fondo potrebbe essere la condizione umana, tutti figli bastardi di Caos, orfani di cornici culturali o contesti storici a cui aggrapparsi (ci si accorge dell'acqua passata dai tempi di Arancia meccanica). Per questo, un cinema terribilmente attorcigliato allo stomaco.

2) The Blair Witch Project, cioè il film che mi ha reso difficile per un po' dormire solo e che mi ha convinto che non guarderò mai più film "handcam", come quello della coppia alle prese con una "presenza" in casa, uscito poco tempo fa. 


Nei confronti di TBWP ho potuto constatare che ci sono fondamentalmente due reazioni: indifferenza o terrore. Di questo e di altre "facezie" tratta la recensione che ho linkato al titolo. Io mi limito a pezzi sparsi di ricordi: la spirale avvolgente del bosco maledetto, le inspiegabili sparizioni, uno per uno, dei ragazzi, le cazzo di vocine lamentose lontanissime, il terrore che si spande, ed è il tuo terrore, la tua immaginazione a pompare angoscia dappertutto, nelle cellule cerebrali, nel cuore, all'ingresso dello stomaco. Fuck!*

3) Martyrs, un film brutto che purtroppo però mi manda ancora sgradevoli "flash" nella realtà e nei sogni di quelle perversioni mentali e corporali che seviziano la vita senza il sollievo della morte. A posteriori ho davvero accusato il colpo. Non guardatelo e basta.

4) Naked, di Mike Leigh, invece, è uno dei miei film preferiti, come avevo detto qui. Vorrei scriverci un post, su Naked, quindi non aggiungerei altro se non che mi aveva turbato, ma..."con prospettiva" e che vale la pena l'assaggio del video qui sotto.


5) Alcuni film di Ken Loach, e in particolare Ladybird, ladybird. Insostenibile per lo struggimento materno quando i figli vengono tolti alla madre protagonista del film.


6) Lars Von Trier, due "filoni": quello straziante di Le onde del destino, Dogville, e soprattutto Dancer in the Dark, che al cinema mi aveva molto colpito, specie per la sua fantastica musicalità/antimusical, e quello animalesco del complesso film mitico-psicanalitico Antichrist (questo lo linko perchè ho trovato un'ottima recensione che viene da un blog), che dice del lato mortifero e cupo delle Forze Naturali, del loro viscerale legame con il Sesso, del Magico e del Femminino, del corpo e del sangue. 


Tant'è. Mi sa che me lo rivedo e anche a lui dedico un post. Chissà che a qualcuno oggi freghi qualcosa. Certo quando uscì ne scatenò di polemiche e pernacchie!



* C'è stato anche un videogioco, molto realistico ed efficace nel livello di immedesimazione e paranoia, ma infine nemmeno molto bello, che mi aveva lasciato uno strascico psicologico simile, Hitman. Prima o poi vorrei aprire 'sto blog al mondo dei giochi, il fatto è che mi manca tempo e soldi per una nuova consolle...Qualcuno mi aiuta?

lunedì 7 marzo 2011

Cos'è la felicità




loro sono felici

loro no

...e cosa non lo è.
Di questo parla (e mai verbo fu più azzeccato) Another year, l'ultimo lavoro scritto e diretto da Mike Leigh. E lo fa come chi sa scegliere la musica giusta per il sottofondo, precisa e d'autore ma che non si fa notare. Ottime ragioni per considerare questo un film ben scritto, girato e interpretato. 
Ci sono persone felici: sommariamente, quelle che hanno relazioni profonde e autentiche e sono in relativa pace con loro stesse. E ci sono persone infelici: uomini e donne maledettamente soli e autodistruttivi. Non è detto che alla radice delle differenziazione ci sia la classe sociale, i traumi o la bontà dei genitori, potrebbe essere pura e semplice sfortuna. Il punto è che, con il trascorrere del tempo, sembra che nessuno possa mettere in discussione l'appartenenza a questa o quella "fazione", come a dire, citando una banalità di Gerri, la psicologa: "ci sono cose nella vita che non puoi farci niente".
Ma Another year è opera tutt'altro che banale: è un film corale intriso di spietata dolcezza da scovare tra city e orti, proletariato e borghesia, medici e pazienti. E' l'apoteosi del dialogo, intenso, affilato e in stile teatrale del suo autore (una costante, come in Naked, uno dei miei film preferiti di cui è difficile dimenticare gli spettacolari monologhi dello scabroso protagonista) che mettono in rilievo le notevoli performance degli attori (su tutti i personaggi speculari di Mary e Gerri).


L'aspetto più interessante di una vicenda fortemente incentrata sulle relazioni affettive e famigliari e sulle (conseguenti?) difficoltà di natura sociale, è la linea divisoria tra persone felici e non. Una spaccatura netta ma naturale, una separazione che non preclude, nella forma e nella sostanza, una sincera e complessa comunicazione e condivisione tra le due sponde. Ciò nonostante, non c'è spazio per un possibile "riscatto sociale", anzi, per chi sta a terra c'è solo una pala per scavare e per chi se la cava il senso di impotenza per la mole di dolore che sconvolge i propri simili e l'attenzione a non farsene travolgere.
Lascia una flebile speranza l'incontro finale tra due tizi messi parecchio male, Mary e il fratello di Tom (notevole la sua non-mimica facciale) e l'esperienza personale di tanti fra noi che la spola tra stalle e stelle l'hanno invece testata, dolorosamente prima e con orgoglio e forza (e spesso psicanalista) poi, sulla propria pelle. 
Non poco, ed è la vita.

Link a una sintetica ma efficace recensione e un post scriptum: qualcosa del messaggio di Another Year mi ha ricordato l'immobilità socioeconomica italiana (riportata in diverse ricerche sociologiche) che la "populisticissima e berslusconissima" abolizione della tassa di successione ha reso ancora più odiosa. Pazzo visionario?

martedì 1 marzo 2011

Oscar "de core"?

Assegnate le statuette, emanato lo stucchevole, deludente, prevedibile verdetto, riporto l'articolo del Manifesto di ieri, a firma Giulia D'Agnolo Vallan, che ben sintetizza l'attuale andazzo della macchina cinema sulle strade di questo vecchio mondo.



Salvando e aprendo il file, il testo dovrebbe risultare leggibile. Il succo è ciò che segue, con l'eccezione di un riferimento, nella pagina seguente non scannerizzata, al "bellissimo Black Swan"...Che non posso non plaudere.

"La canonizzazione del "Discorso del re" di T. Hooper sembra la conferma degli stereotipi classici che confezionano un film da Oscar: buoni sentimenti, fonte "alta", costumi d'epoca, accento inglese, politica rassicurante e forma insipida e, quello che non fallisce praticamente mai, il protagonista disabile. Resta inesplorato il deserto morale della Facebook generation di "Social network"."