E' questa una notizia ormai datata e riscontrata in rete da più fonti; sembra essere confermata abbastanza recentemente qui, qui, e anche qui. L'aspetto incoraggiante è che sarà Michel Gondry a firmare il film tratto dallo spettacolare romanzo di Philip K. Dick (il quale, per inciso, siede stabilmente nel mio Olimpo Letterario).
Ci sarà da sperare che il progetto non si areni e, comunque, mettere in previsione di attendere almeno un anno.
Personalmente, dopo Cronenberg alle prese con Cosmopolis (ovvero il geniale libro del fantastico DeLillo), questo potrebbe essere un altro "colpo grosso". Come dire, dopo tutto questo, ci manca solo un David Lynch che mi gira Petrolio di Pasolini!
Tornato ora dal cinema, lo dico subito come mi viene solo perchè questo era un film che io e molti altri aspettavamo da tanto...Django è un gran bel film, un mischione divertente e di sicuro impatto etico-politico, ma non siamo al livello -per me altissimo- di Bastardi (film di cui, ed è grave, non ho mai parlato qui, e che ritengo uno dei più riusciti esempi di cinema popolare, di contaminazione fra stili e generi, nonchè e primariamente di genialità di soggetto e sceneggiatura).
Il tema dello schiavismo a norma di legge, della sua inspiegabile, odiosa carica di violenza, della sua sopravvivenza fino a una manciata di decenni fa* in quella terra oggi portata spesso ad esempio di civiltà e progresso**, è un tema scottante, ricco di spunti e scenari che Tarantino mostra di saper sfruttare nella sua tipica narrazione pop frizzante, indocile, spietata ed ironica.
E' noto che saltellare fra orrori, sopraffazione, ingiustizia e morte con umorismo e gusto per il surreale e la vendetta, porta i suoi bei frutti. Sempre apprezzabile la girandola di citazioni, Waltz (e il suo personaggio) sono adorabili, la comparsa simbolica di Wotan e quella sonora di Morricone ed Elisa lo sono altrettanto ma, a partire da come viene risolta la scena madre della cena nella Grande Casa di Candyland, è mia impressione, ma anche di certa critica, che nella seconda parte del film non
si riesca a mantenere "l'altezza" della prima. Diciamo che da un otto e
mezzo si plana ad un sette.
La media è comunque molto interessante e il film merita una visione in sala.
* Il parallelo che mi sento di fare è quello riferito al modo in cui vengono ancora oggi schiavizzati, uccisi e consumati gli animali non umani: c'è da sperare, e da combattere (a chi interessa consiglio questo blog), perchè anche questo, fra non troppi anni, sia solo un tristissimo ricordo. ** Pena di morte, armi alla portata di tutti, imperialismo militare...
La visione di due film, belli ed intensi, stanno alla base di questo (tentativo di) post. Il primo èPolisse(un poco ne avevo già parlato), della regista e attrice Maïwenn Le Besco; il secondo, visto più di recente, è ...E ora parliamo di Kevin, di Lynne Ramsay.
Il primo è un film di pancia che non si dimentica la testa: appassionante, sentimentale, indigesto.
La sceneggiatura è graffiante e gli attori sono in stato di grazia: conseguenza, in buona parte, del metodo di lavoro scelto dalla Le Besco: "Lungo periodo di internato negli uffici della BPM (Brigade de protection des mineurs), massiccia raccolta di materiale osservato o riferito dai flic della “brigade des biberons” (lo sprezzante nomignolo col quale le altre sezioni della polizia chiamano la BPM) e stesura di un primo e magmatico abbozzo di sceneggiatura (successivamente rielaborata e disciplinata grazie all’apporto di Emmanuelle Bercot). Un apprendistato sul campo che pur in misura meno radicale ha coinvolto l’intero cast, sottoposto a uno stage concentrato in una settimana con due ex poliziotti della BPM. Obiettivo: approfondire la conoscenza delle tecniche della brigata e cementare il gruppo." (da Gli Spietati, Alessandro Baratti)
La pellicola si concentra sul lavoro e la vita personale dei poliziotti protagonisti, stillandone una narrazione corale e emotivamente coinvolta.
Il secondo è il racconto a tappe di una relazione che, a dir niente, è alla base di Tutto; quella tra una Madre e il suo Bambino. Il film percorre tutte i passaggi dell'esistenza intrecciata di una madre (Eva) con un figlio (Kevin) "troppo difficile da gestire", un padre normalmente alienato e una adorabile sorellina che finirà per essere l'agnello sacrificale nel rapporto tra Eva e Kevin.
Un film che strazia e mette in gioco perchè "Ramsay riesce nella difficile impresa di trattare anche le emozioni come
fatti, componendo il film come un organismo vivo, che pulsa e disturba,
molto affidandosi agli interpreti (Kevin è Ezra Miller, visto in Afterschool)
e alla narrazione franta, screziata dalle sghembe melodie di Jonny
Greenwood (Radiohead); un film che, non suggerendone nessuna, invita a
molte letture (psicanalitiche, sociologiche, anche politiche), ma senza
crogiolarvisi, anzi, preferendo la sospensione dei dibattiti e ponendo
sul piatto il rapporto tra una madre Antagonista (il conflitto è
continuo e si gioca su un terreno che è palese solo per i due
contendenti), Vittima (l’episodio del braccio rotto è quello che
stabilisce il gioco di potere di Kevin sulla donna: il bimbo sa di avere
un’arma e sa che lei ne è consapevole), Totem (Kevin, sorpreso ad
ammirare la gigantografia di Eva esposta nella vetrina della libreria,
darà voce, a suo modo, al suo protagonismo) e Rifugio (la prostrazione
della malattia abbassa le difese del bimbo e smaterializza il suo
copione quotidiano, scoprendolo per quel che è: attaccato alla madre,
insofferente verso la sollecitudine entusiasta e asfissiante del padre) e
un figlio che se ne fa specchio deformato (il volto di Eva e Kevin si
confondono nell’acqua) e che più che per vendicarsi di lei lasciandola
viva e sola in un deserto, sembra distruggere ogni ostacolo (casa,
padre, sorellina, passato materno – remoto e prossimo -) per un reset mostruoso che gli consenta, infine, di amarla ed esserne amato. Nel dolore, ma liberamente." (sempre da Gli Spietati, Luca Pacilio)
PS Non solo E ora parliamo di Kevin, ma anche Polisse fa un uso molto sapiente della musica, veicolo
imprescindibile per accompagnare i forti tratti relazionali
di questi lavori così ricolmi d'odio e amore...