lunedì 7 marzo 2011

Cos'è la felicità




loro sono felici

loro no

...e cosa non lo è.
Di questo parla (e mai verbo fu più azzeccato) Another year, l'ultimo lavoro scritto e diretto da Mike Leigh. E lo fa come chi sa scegliere la musica giusta per il sottofondo, precisa e d'autore ma che non si fa notare. Ottime ragioni per considerare questo un film ben scritto, girato e interpretato. 
Ci sono persone felici: sommariamente, quelle che hanno relazioni profonde e autentiche e sono in relativa pace con loro stesse. E ci sono persone infelici: uomini e donne maledettamente soli e autodistruttivi. Non è detto che alla radice delle differenziazione ci sia la classe sociale, i traumi o la bontà dei genitori, potrebbe essere pura e semplice sfortuna. Il punto è che, con il trascorrere del tempo, sembra che nessuno possa mettere in discussione l'appartenenza a questa o quella "fazione", come a dire, citando una banalità di Gerri, la psicologa: "ci sono cose nella vita che non puoi farci niente".
Ma Another year è opera tutt'altro che banale: è un film corale intriso di spietata dolcezza da scovare tra city e orti, proletariato e borghesia, medici e pazienti. E' l'apoteosi del dialogo, intenso, affilato e in stile teatrale del suo autore (una costante, come in Naked, uno dei miei film preferiti di cui è difficile dimenticare gli spettacolari monologhi dello scabroso protagonista) che mettono in rilievo le notevoli performance degli attori (su tutti i personaggi speculari di Mary e Gerri).


L'aspetto più interessante di una vicenda fortemente incentrata sulle relazioni affettive e famigliari e sulle (conseguenti?) difficoltà di natura sociale, è la linea divisoria tra persone felici e non. Una spaccatura netta ma naturale, una separazione che non preclude, nella forma e nella sostanza, una sincera e complessa comunicazione e condivisione tra le due sponde. Ciò nonostante, non c'è spazio per un possibile "riscatto sociale", anzi, per chi sta a terra c'è solo una pala per scavare e per chi se la cava il senso di impotenza per la mole di dolore che sconvolge i propri simili e l'attenzione a non farsene travolgere.
Lascia una flebile speranza l'incontro finale tra due tizi messi parecchio male, Mary e il fratello di Tom (notevole la sua non-mimica facciale) e l'esperienza personale di tanti fra noi che la spola tra stalle e stelle l'hanno invece testata, dolorosamente prima e con orgoglio e forza (e spesso psicanalista) poi, sulla propria pelle. 
Non poco, ed è la vita.

Link a una sintetica ma efficace recensione e un post scriptum: qualcosa del messaggio di Another Year mi ha ricordato l'immobilità socioeconomica italiana (riportata in diverse ricerche sociologiche) che la "populisticissima e berslusconissima" abolizione della tassa di successione ha reso ancora più odiosa. Pazzo visionario?

2 commenti:

  1. L'ho visto qualche sera fa e devo dire che concordo con la tua analisi che personalmente trovo molto più efficace di quella a cui rimandi nel link :)

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  2. Grazie per il riconoscimento. L'efficacia per il mio piccolo blog è un punto importantissimo!!

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