Il mio regista vivente preferito non sbaglia un colpo. Nemmeno quando, forzando un po' la mano all'impronta estetica più completa e interessante del cinema contemporaneo, vuole assumersi esplicitamente un impegno civile e politico. Non che nei suoi film precedenti ciò sia assente in assoluto, al contrario; Kaurismaki mette in scena praticamente solo storie di Ultimi, di perdenti che subiscono ogni genere di sfiga e di ingiustizia, ma con dignità e purezza. Il tutto è condito da un sarcasmo essenziale, esistenziale, surreale e del tutto fraterno: "Sono un ubriacone anch'io!"

In Miracolo a Le Havre il dramma dei migranti è l'oggetto dello scandalo e l'accoglienza di un quartiere proletario di Le Havre nel quale, solitamente, i miracoli non avvengono, come ricorda la moglie del protagonista al dottore che le ha diagnosticato un cancro, la risposta. La signora in questione ha il nome dell'attrice protagonista de Il porto delle nebbie, film di Carnè del '38 ambientato nella stessa cittadina normanna, Arletty, ed è interpretata dalla adorata Kati Outinen. Suo marito Marcel Marx, il protagonista, è lo stesso personaggio impersonato dallo stesso attore -Andrè Wilms- di Vita da bohème: oggi fa il lustrascarpe, è sempre pieno di toppe e debiti. Si troverà a proteggere un poco più che bambino migrante con l'aiuto, spontaneo ma straordinario, della sua rete sociale e di un ispettore coacervo di gusto, cuore e citazioni cinematografiche.
Chaplin e Bresson su tutti, il regista finlandese è come se resuscitasse con ogni gesto/scena un frammento di un grande autore del passato. La potenza di questo cinema non si limita al tocco composto e magistrale, colorato e immobile, ma risiede, soprattutto, nell'amore e nella disperata vitalità, a pasoliniana memoria. Nella sua capacità di essere (e non solo di rappresentare) la vita degli Ultimi, al di là di ogni moralismo borghese, dell'individualismo gretto, della pochezza dell'anima intellettuale e materialistica. Kaurismaki non risparmia colpi, riesce a rappresentare quella unità, quella dignità, quello Spirito ancora vivo oggi, nonostante il distacco dalla modernità così esplicito ma mai così a-ideologico e naturale, che caratterizza le sue narrazioni.
E' tutto qui. Il resto è delle immagini, dei volti, delle brume dei porti e delle strade. E della musica, elemento fondamentale del cinema di questo straordinario autore. Un tutto che non potrebbe non avvenire attraverso un redivivo Little Bob, ananas farciti, cagnette Laika e, mica a caso (come ci manca!), la Finlandia.
Qui sotto una recente intervista (da GQ) del soggetto: regista o camionista russo ubriaco?
Qui sotto una recente intervista (da GQ) del soggetto: regista o camionista russo ubriaco?